Come si fa lo spumante rosato

Cosa c’è di più affascinante del vino rosato? Lo spumante rosé! Negli ultimi dieci anni le bollicine sono diventate così popolari che si sono trasformate da bottiglie di occasione a espressione per ogni momento di festa. Con il consumo di vino rosato fermo ai massimi storici tutto l'anno, non sorprende che lo spumante rosato, proveniente da tutti i paesi e realizzato in stili diversi, sia salito alle stelle.

Nel mondo enologico esistono diversi modi per fare lo spumante. Quelli più comuni includono il Metodo Classico o Champenoise (utilizzato per lo Champagne), il Metodo Charmat o Martinotti (con rifermentazione in autoclave), il metodo ancestrale (Pet Nat), e la carbonatazione (vino industriale). In Italia, i metodi più comunemente utilizzati sono quello tradizionale (Metodo Classico, con la seconda fermentazione in bottiglia) e lo Charmat (usato per Prosecco o Lambrusco, in cui la seconda fermentazione avviene in acciaio).

Ma cos’è che dà al rosato quella sfumatura seducente e da dove vengono tutte quelle bollicine? Il famoso tocco rosé si può ottenere in diversi modi: per macerazione (de saignée, un "sanguinamento" che porta all’estrazione del colore attraverso il contatto del mosto con le bucce) o unendo il vino rosso alla base bianca (d’assemblage). 

Se si utilizzano solo uve rosse, come in Italia dove lo spumante rosato ottenuto dal Sangiovese è ben noto, si ottiene un vino che concentra l'attenzione sui sapori di una singola uva. Lo spumante rosato di Sangiovese ha un carattere che fa innamorare: struttura e piacevolezza, note di ciliegia e frutti rossi, con una linea verticale di acidità che termina lunga e pulita.